Lunedì (20/03) la ditta che vuole costruire il TAP (Trans Adriatic Pipeline – un gasdotto sotto marino che serve a importare in Italia, attraverso il Salento e la Puglia, il gas proveniente dall’Azerbaijan) aveva cominciato il lavori per l’apertura del cantiere.
Per quello che si può leggere sui giornali, non appena si è sparsa la notizia dell’inizio dei lavori, subito un primo gruppo di persone (anarchici si legge sui media), si è presentata sul posto determinata a bloccare i lavori. E così hanno fatto, sedendosi in gruppo davanti l’unico cancello di accesso all’area del cantiere) almeno fin quando non sono stati portati via di forza dalla sbirraglia giunta subito in soccorso del devastatore di turno.
Ieri (21/03) una nuova protesta è scoppiata sempre davanti al cantiere, che stavolta ha visto aumentare i numero dei manifestanti che hanno fronteggiato per qualche tempo lo schieramento di celerini. Oggi invece la notizia che il prefetto ha bloccato i lavori del cantiere.
Questo per il momento ciò che si può leggere sui giornali.
Consapevoli che il blocco dei lavori da parte del prefetto non è una vittoria definitiva (sarebbe ingenuo pensare che basti questo per evitare che il cantiere prima o poi riapra) salutiamo con gioia queste azioni di contrasto a chi distrugge e devasta i territori e le vite di chi li abitano.
Di seguito riportiamo il testo di un volantino distribuito durante questi giorni.
Adesso tocca a noi!
Il tempo della mediazione è finito.
L’avvio dei lavori di Tap, con l’espianto dei primi quattro alberi dall’area di cantiere dove dovrà essere realizzato il pozzo di spinta, ha strappato il velo – nel caso ce ne fosse stato ancora bisogno – alle ultime illusioni di chi credeva che la via burocratica, istituzionale e giudiziaria, potessero realmente bloccare i lavori. Che questo genere di opposizione non potesse fermare un’opera gigantesca, che coinvolge più Stati e potentati economici fortissimi, era chiaro fin dall’inizio, così come era chiaro che qualche amministrazione comunale e qualche ricorso in tribunale non potessero bloccare un’opera considerata «di interesse strategico nazionale».
Ora che la Legge si sta schierando con se stessa, ora che le amministrazioni comunali dovranno riallinearsi alle direttive degli organi superiori e sono state richiamate all’ordine, ora che il governo regionale, novello Ponzio Pilato, ha lavato per bene le sue mani per sentirsi ed apparire incolpevole, non possiamo più farci illusioni. Non basterà più appellarsi alla sopravvivenza di alcuni ulivi per fermare le ruspe difese da un apparato di vigilanza privato. Non servirà a nulla affermare che si deturperanno le coste per impietosire imprenditori che hanno il cuore a forma di salvadanai. Non avrà senso puntare sullo sviluppo del turismo per far ragionare un mercenario a capo della sorveglianza di Tap. Non sarà opportuno chiedere alla forze dell’ordine di intervenire a tutela dei cittadini: sarà lo Stato a chiedergli di tenere d’occhio i cittadini.
Una sola strada è rimasta percorribile: quella del nostro intervento diretto, a tutela del territorio che viviamo, della nostra salute, delle nostre vite e della nostra dignità. Metterci in mezzo in prima persona per bloccare un’opera inutile e nociva, ennesimo progetto di devastazione calato a forza sulle nostre teste per i soliti interessi di pochi. I lavori veri e propri sono appena partiti e, fino alla completa ultimazione, saranno ancora lunghi. Possiamo ancora fare tanto per bloccarli e rendere difficoltoso il loro progetto costruito sulla nostra sopraffazione.
Ci saremo tutti?
[volantino distribuito il 21/3/17 davanti al cantiere TAP e a Melendugno]
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